Perdersi in un bicchiere d’acqua
In Italia abbiamo un problema con l’acqua? Sì, ma non solo noi.
Ciao! Stai leggendo Climax, la newsletter mensile di Greencome che riflette sulle notizie più importanti su clima e ambiente, per capire come vivere su un Pianeta che cambia sempre più velocemente.
PFAS, Clean Industrial Act, Inquinamento atmosferico
Le 3 notizie del mese, selezionate da noi. Dall’Italia, dall’Europa, e dal Mondo. In pieno stile Climax.
Alla Camera si discute su due mozioni di M5S e AVS per regolamentare i PFAS (sostanze per- e polifluoroalchiliche), composti chimici usati per le loro proprietà antiaderenti e impermeabilizzanti in pentole, imballaggi alimentari, tessuti e cosmetici. Persistenti nell’ambiente e nel corpo umano, sono legati a gravi rischi per la salute, tra cui problemi ormonali, immunitari e un aumento del rischio di tumori. Mentre in Unione Europea è al vaglio una proposta di legge che prevederebbe un bando quasi totale degli “inquinanti eterni”, in Italia mancano ancora limiti chiari e strategie di bonifica, nonostante Greenpeace abbia rivelato con il suo ultimo report una contaminazione diffusa nelle acque potabili in tutta la penisola.
Qualche settimana fa l’UE ha lanciato ufficialmente il Clean Industrial Act. Si tratta di un documento che accoglie le proposte del Piano per la competitività presentato da Mario Draghi e che integra alcuni dei provvedimenti già presenti nel Green Deal e nel REPowerEU, atti fondativi dell’Unione Europea in materia di transizione energetica. Il nuovo piano, incentrato su innovazione, decarbonizzazione e sicurezza economica, mira a una crescita sostenibile e competitiva sul lungo periodo. Il focus del documento presentato dalla Commissione è su industrie ad alta intensità energetica, circolarità e riduzione degli sprechi, così come sul garantire l’accesso a energia pulita e conveniente. Si tratta indubbiamente di un passo strategico per affrontare la transizione ecologica. Bisogna però scongiurare che nel tentativo di tutelare la competitività delle industrie europee nel mercato globale non si finisca per perdere di vista gli obiettivi climatici fissati al 2040 e al 2050.
Soltanto il 17% delle città al mondo respira aria pulita. È ciò che emerge da un nuovo rapporto del database svizzero IQAir, che ha rivelato che appena una città su cinque a livello globale garantisce aria pulita ai propri residenti. L'India si conferma tra i Paesi più colpiti, con sei delle nove città più inquinate del mondo. L'analisi, basata su dati di 40mila stazioni in 138 Paesi, evidenzia livelli critici di inquinamento anche in Ciad, Congo, Bangladesh e Pakistan. Un segnale d’allarme sulla qualità dell’aria che respiriamo. Gli autori dello studio sottolineano però i dati sull'inquinamento atmosferico reale potrebbero essere molto più gravi di quanto riportato, a causa della carenza di sistemi di monitoraggio in molte aree del mondo. In Africa, ad esempio, esiste solo una stazione di monitoraggio ogni 3,7 milioni di abitanti, rendendo difficile ottenere dati precisi sulla qualità dell'aria.
In che modo il cambiamento climatico impatta la risorsa idrica?
Abbiamo chiesto a Emanuele Bompan, direttore della testata Materia Rinnovabile ed esperto in materia di risorse idriche, di rispondere a questa domanda:
💬 L’acqua è una risorsa preziosa e sempre più scarsa, tant’è che molte regioni del mondo - Italia compresa- sono impattate in maniera crescente dalla crisi idrica. Che cosa c’entra il cambiamento climatico con questo? In che modo l’aumento delle temperature potrebbe esacerbare la scarsità di acqua?
ll cambiamento climatico si manifesta in larga parte attraverso la trasformazione della geografia dell’acqua. Dall’alterazione della criosfera (calotte, ghiacciai, permafrost), all’aumento dell’evapotraspirazione del terreno, passando per le siccità prolungate o le piogge intense e l’aumento delle tempeste, fino all’innalzamento dei livelli del mare.
La complessità di questa trasformazione è difficile da conoscere in dettaglio da un luogo all’altro e rimane ancora un certo grado di incertezza scientifica. Tuttavia, per la totalità degli scienziati è chiaro che all’aumentare delle temperature medie globali ci saranno stravolgimenti che esacerberanno la scarsità idrica, soprattutto nelle grandi pianure indiane e cinesi, in alcune zone dell’Africa Subsahariana, lungo le coste del mediterraneo, e in varie aree dell’America continentale, luoghi dove il prelievo idrico da parte dell’uomo è già oltre ogni ragionevole livello.
In Italia i fenomeni da osservare sono il sempre più ridotto apporto delle nevi e dei ghiacciai, la grande evapotraspirazione in Padania e meridione, l’aumento del cuneo salino e l’eventuale riduzione delle piogge, specie nella seconda metà di questo secolo. Per queste ragioni adattarsi è una priorità strategica assoluta.
In Italia l’acqua è sempre più scarsa. È colpa nostra?
Nella scorsa puntata vi abbiamo chiesto se mentre vi insaponate, la chiudete l’acqua (we listen, we don’t judge). Ecco cosa ci avete risposto:
Come ci aspettavamo, la nostra community è molto attenta a ridurre gli sprechi d’acqua. Brav* tutt* 🧡
Purtroppo, però, dobbiamo darvi anche qualche cattiva notizia:
👎Non tutti sono bravi come voi (e noi)
🚿Il problema non riguarda solo i nostri rubinetti
👀Il consumo d’acqua è anche dove non lo vediamo
Cominciamo col dire che l’Italia detiene un record negativo in Europa: siamo di gran lunga il Paese con il più alto prelievo di acqua ad uso civile, cioè in ambito domestico e negli edifici. Per darvi un’idea, in media ogni cittadino italiano preleva in un anno quasi il doppio rispetto alla media europa. Nonostante questa premessa poco felice, è confortante sapere che in Italia quasi il 70% dei cittadini dai 14 anni in su fa molta attenzione a evitare gli sprechi di acqua con diverse accortezze quotidiane. Come diciamo spesso, ogni azione individuale conta.
Se ogni azione individuale conta, ciò non significa che la responsabilità individuale possa essere usata come scudo per non affrontare i problemi sistemici. E la rete idrica del nostro Paese ne ha parecchi. Forse non tutti sanno che in Italia la maggior parte degli sprechi d’acqua non avviene all’interno delle case, ma durante la fase di distribuzione. Pensate che secondo dati Istat ogni 100 litri di acqua immessi in rete per usi civili ne arrivano a destinazione poco meno di 58. Gli altri 42 si perdono lungo le infrastrutture idriche: nel 2022 sono andati dispersi 3,4 miliardi di metri cubi d’acqua, l’equivalente di 1,36 milioni di piscine olimpioniche.
E quindi noi cosa possiamo fare? Continuare ad evitare sprechi nelle nostre case è un buon primo passo (una doccia può impiegare circa 10 litri d’acqua al minuto, quindi meglio riservare le cover di Lucio Corsi per una serata karaoke). Chiedere alle istituzioni di migliorare la gestione della risorsa idrica rendendo le infrastrutture più efficienti è altrettanto importante.
Ma c’è anche dell’altro (gasp). Alcuni comportamenti individuali possono abbattere drasticamente i nostri consumi “indiretti” di acqua. Ridurre il consumo di carne bovina, che secondo i dati del Water Footprint Network è l’alimento che consuma più acqua in assoluto, può fare una grande differenza. Basti pensare che produrre un burger di soia nei Paesi Bassi comporta un consumo di 160 litri d’acqua a fronte dei 1000 litri necessari per produrre un burger di carne bovina nello stesso paese.
Cosa abbiamo imparato? Che lo spreco di acqua, o di contro un suo uso più consapevole, dipende anche da noi, ma non solo. È importante mettere in atto buone pratiche a livello individuale senza dimenticarci di fare pressione politica per tappare le tante falle nel sistema.
Ci sono un po’ di zone umide in questa crisi climatica
Paludi, acquitrini, zone paludose, torbiere, stagni, lagune. Acqua stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata…a ognuno secondo il suo gusto! Una zona umida è un ambiente naturale caratterizzato dalla presenza di terreno e acqua. Si tratta di una categoria ampia di ecosistemi che occupano una superficie relativamente ristretta del nostro pianeta (circa il 6%) e sono spesso bistrattati, eppure giocano un ruolo cruciale per moltissime specie, tra cui la nostra. Le zone umide sono l’habitat di innumerevoli piante e animali, attutiscono inondazioni e mareggiate, purificano le acque di deflusso e costituiscono dei veri e propri “pozzi di carbonio”. Nonostante esista un trattato mondiale per la tutela delle zone umide, firmato nel 1971 a Ramsar, negli ultimi 50 anni più di un terzo di questi ecositemi è andato distrutto. L’Italia è uno dei paesi con il peggior record, per una perdita stimata di 3,42 milioni di km.
Ma quanto costa un uovo di Pasqua??
Grazie per aver letto Climax! 💚
Questa newsletter è a cura di: Emma Cabascia, Annalisa Gozzi ed Erika Bruno.
Non solo mese per mese, ogni giorno ci occupiamo di diffondere consapevolezza sulle sfide ambientali e climatiche.
Hai degli articoli da consigliarci o dei feedback su questa newsletter? Scrivici. Siamo sempre alla ricerca di nuovi spunti 👀
Alte perdite di rete combinate a riuso al palo, ecco il mix letale per il nostro paese.
E invece di occuparsi di questo tipo di infrastrutture, chi di dovere si occupa di autostrade fallite in partenza, giusto perché ci serve aumentare consumo di suolo e inquinamento atmosferico (qualcuno ha detto pedemontana?), e di ponti per collegare il nulla infrastrutturale col niente infrastrutturale.
Scusate lo sfogo, ma ogni tanto mi prende proprio...